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Castello di San Giorgio – Mantova

Storia e descrizione

Costruito sulle macerie della Chiesa di Santa Maria di Capo di Bove a partire dal 1395 e concluso nel 1406 su committenza di Francesco I Gonzaga e su progetto di Bartolino da Novara, il Castello di San Giorgio a Mantova è un edificio a pianta quadrata costituito da quattro torri angolari e cinto da un fossato con tre porte e relativi ponti levatoi, volto a difesa della città.
Nel 1459 l’architetto Luca Fancelli, su indicazione del marchese Ludovico III Gonzaga, ristrutturò il castello che perse definitivamente la sua primitiva funzione militare e difensiva. Il maniero fu per lunghi anni la residenza di Isabella d’Este, moglie di Francesco II Gonzaga, tra le più celebri nobildonne del Rinascimento. Isabella volle presso la corte numerosi artisti e umanisti dell’epoca, quali Andrea Mantegna, il Perugino, Leonardo da Vinci, Ludovico Ariosto e Baldassarre Castiglione, facendo di Mantova una delle maggiori corti europee e centro artistico e letterario.
Il castello, assieme ad altri edifici adiacenti, rimase residenza del principe per circa un secolo, fino a quando Guglielmo Gonzaga trasferirì i propri appartamenti nella Corte Vecchia ristrutturata.
A partire dal 1815, con l’occupazione austriaca della città il castello divenne un carcere di massima sicurezza.
Il terremoto dell’Emilia del 2012 ha provocato danni strutturali all’edificio.

Le sale del castello

Il Castello possiede numerose sale, tra le quali ricordiamo: “Sala del Sole” situata al piano terreno e abbellita da affreschi del Quattrocento, “Sala degli Stemmi”, “Salone degli Affreschi”, “Sala delle Sigle”, “Sala del Fregio”, “Sala delle Cappe”, “Sala dello Zodiaco” con tracce di dipinti di Giulio Romano, “Sala degli Sposi”.

La Camera degli sposi

La Camera Picta (Camera degli Sposi), meravigliosa stanza del piano nobile del torrione nord-est del castello, è opera di Andrea Mantegna. Il Mantegna la realizzò nell’arco di nove anni, dal 1465 al 1475, riadattando lo spazio angusto della stanza cubica con volte su lunette in un susseguirsi di realtà e finzione conferendo all’ambiente un’atmosfera en plein air (dando quindi un’idea di trovarsi in un finto loggiato). Lo spazio di ogni parete della camera è stato diviso dall’artista in tre aperture che trasmettono allo spettatore, attraverso ampi archi, paesaggi bucolici e tende mosse dal vento, una forte antitesi con il ridotto ambiente architettonico. Gli affreschi sono stati realizzati sia a secco sia a fresco. Due sono le scene dipinte raffiguranti componenti della famiglia Gonzaga, la “Scena dell’Incontro” e la “Scena della Corte”. Con esse Mantegna rende omaggio ai mecenati che tante committenze gli hanno procurato.
Nella stanza, non si può stare più di 5-10 minuti perché (usando la tecnica della pittura a secco) l’umidità e l’aria espirata, rischiano di staccare gli affreschi dai muri.

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